Assemblea delle assemblee generali Cgil al Mamu 500 delegate e delegati per lanciare la campagna referendaria. Ecco i cinque quesiti ai quali votare SI’

MANTOVA – L’assemblea delle assemblee generali di venerdì 7 marzo al Mamu ha aperto e lanciato la campagna referendaria della Cgil. Cinque quesiti ai quali VOTARE SÌ per contrastare i licenziamenti illegittimi, cancellare il jobs act, contrastare la precarietà, aumentare la sicurezza sul lavoro e sulla cittadinanza. Cinquecento le delegate e i delegati presenti nel centro congressi di Largo Pradella a Mantova.
Nel corso della mattinata sono stati proiettati una decina di video utili ad approfondire i temi dei quesiti con le parti di legge che la Cgil intende abrogare. Alla proiezione dei filmati si sono alternati gli interventi di Michele Orezzi, segretario generale della Cgil di Mantova, Fabrizio Petroli coordinatore regionale degli Uffici Vertenze di Cgil Lombardia e Giulio Fossati della segreteria regionale di Cgil Lombardia.
Prima delle relazioni la platea , in occasione della Giornata Internazionale della donna che cadrà sabato 8 marzo, ha messo in scena un flashmob con un invito ad andare a votare per cambiare l’Italia.
“Oggi – ha spiegato Michele Orezzi – lanciamo campagna referendari provincia di Mantova, convocata nella nostra estensione provinciale, quindi alla presenza di 500 fra delegate e delegati, attivisti dei pensionati. Pensiamo il governo, nella giornata di martedì, possa calendarizzare i referendum che per la Cgil sono cinque sì”
“Arriviamo – ha proseguito Orezzi – da 4 milioni di firme raccolti per 4 questi su lavoro come CGIL, fondamentale anche il quinto referendum sulla cittadinanza. Una partita fondamentale per riaccendere un dibattito pubblico e politico su quelle che sono le priorità vere del mondo del lavoro, ossia la sicurezza e la lotta alla precarietà e nel declinare la precarietà che ormai si sta mangiando un pezzo del mondo del lavoro vogliamo fare intervento deciso anche sui licenziamenti a dieci anni oggi dall’entrata in vigore del jobs act”.
ECCO DI SEGUITO I CINQUE QUESITI

1. Stop ai licenziamenti illegittimi
Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.

 

2. Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese
Nelle imprese con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione rispetto alla/al titolare. Abroghiamo questo limite, aumentiamo l’indennizzo sulla base della capacità economica dell’azienda, dei carichi familiari e dell’età della lavoratrice e del lavoratore.

3. Riduzione del lavoro precario
In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.

4. Più sicurezza sul lavoro
Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.

5. Più integrazione con la cittadinanza italiana
Riduciamo da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter fare domanda di cittadinanza italiana, che una volta ottenuta sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.

 

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