Immigrazione in frenata nel Mantovano Gli stranieri pagano la crisi occupazionale

Di seguito proponiamo un articolo della Gazzetta di Mantova (edizione di domenica 7 novembre) basato su una analisi Cgil di Mantova del 31esimo Dossier statistico Immigrazione 2021 del Centro Studi e Ricerche Idos.

 

MANTOVA. Accade che tra limitazioni agli spostamenti imposte dalla pandemia, interruzione di molte attività e conseguente crisi, sospensione delle prestazioni in presenza di diversi servizi pubblici (compresi quelli per le pratiche sui permessi di soggiorno), dopo 20 anni di crescita, in Italia si registri una diminuzione della presenza straniera, che non compensa più il saldo demografico naturale del Paese. Accade che tutto questo abbia ricadute su condizioni di vita e inserimento sociale e occupazionale delle persone più vulnerabili, tra cui gli immigrati. E accade anche a Mantova. A raccontarlo è il 31° Dossier statistico Immigrazione 2021 del Centro studi e ricerche Idos. E a guardar dentro a dati e statistiche con la lente d’ingrandimento puntata sulla nostra provincia è l’analisi condotta dalla Cgil.

stranieri in calo

In provincia di Mantova fra il 2019 e il 2020 abbiamo assistito a una riduzione dei cittadini stranieri residenti dello 0,9% (476 unità in meno) e si tratta di una percentuale più elevata della media lombarda (-0,6%). Al 1° gennaio 2021 sono 50.829 gli stranieri residenti nel Mantovano, il 4,4% del totale lombardo (1.142.606), il 12,6% dei residenti in provincia. Spiegano da via Altobelli che a incidere sull’andamento demografico negativo sono stati diversi fattori come le cancellazioni dovute alle acquisizioni di cittadinanza (1.932 in provincia di Mantova, il 12,7% del dato lombardo), in parte compensate dalle iscrizioni dall’estero (1.980, il 5,42% del totale lombardo). La rilevante flessione degli ingressi per motivi familiari e di lavoro è legata alle limitazioni di movimento causa Covid che hanno inciso anche sulla mobilità verso l’estero.

meno permessi di soggiorno

Tra gli indicatori utili a tratteggiare gli effetti della pandemia sulla dinamica migratoria c’è il calo dei permessi di soggiorno. Nel 2020 in Lombardia quelli rilasciati per la prima volta nell’anno sono diminuiti del 41,4% sul 2019 (26.469 contro 45.141). In provincia di Mantova ne sono stati rilasciati 1.310, il 52,6% a donne, in primis per motivi di famiglia (81,3%), poi per protezione internazionale umanitaria (7,5%), studio (0,9%), lavoro (0,7%) e stagionale (0,4%). «Questi dati – spiegano il segretario generale della Cgil Daniele Soffiati e la segretaria Donata Negrini – testimoniano che la nostra è una provincia poco attrattiva per cittadini stranieri che vogliano proseguire il percorso di studi o trovare nuove opportunità di lavoro. La pandemia ha influito pesantemente su questa drastica riduzione di nuovi permessi, ma non possiamo ignorare che negli ultimi anni la tendenza è andata progressivamente in direzione negativa. Il nostro territorio, purtroppo, non rappresenta una scelta allettante, soprattutto per giovani qualificati, e non stiamo parlando solo di quelli provenienti da Paesi stranieri, ma anche di nostri concittadini che preferiscono migrare per avere migliori opportunità».

l’emersione va a rilento

Altro indicatore sono le domande di emersione. La Lombardia è la regione dove ne è stato presentato il maggior numero: 50.201 su 220.528. Nel Mantovano, al 20 maggio 2021, su 2.520 domande presentate sono solo 371 quelle che hanno completato l’iter per ottenere il permesso di soggiorno per lavoro, il 16,3%. La maggior parte (2.263) per lavoro domestico e assistenziale (colf e badanti), mentre 257 per lavoro subordinato in agricoltura. «Anche dal nostro osservatorio – proseguono Soffiati e Negrini – la quasi totalità delle domande riguarda l’ambito domestico-assistenziale, che avrebbe bisogno di risposte più rapide nella conclusione del percorso di regolarizzazione, anche per garantire continuità e sicurezza alle famiglie italiane coinvolte».

studenti in aumento

Mantova è poi la provincia lombarda che con il 19,4% nel 2020 ha registrato l’incidenza maggiore di alunni stranieri. Incidenza più alta nella scuola dell’infanzia (22,6%, 2.239) e nella primaria (22,6%, 4.209), che cala nelle medie al 20,8% (2439) e nelle superiori all’11,9% (1.684 alunni). Sono 10.571 gli alunni stranieri nel 2019/2020, il 4,7% del totale regionale. In Lombardia si registra in un anno una crescita di 6.156 alunni, il 68,4% dei quali nati e cresciuti in Italia: la maggioranza frequenta istituti a indirizzo professionale (31,8%) o tecnico (42,1%) e solo il 26,1% i licei. «Il significativo aumento di alunni stranieri nati e cresciuti in Italia – aggiungono Soffiati e Negrini – rivela il ritardo estremo del nostro Paese, che ancora non riconosce il diritto di essere cittadini a chi non solo per nascita, ma anche per il proprio percorso formativo, scolastico e sociale, è a tutti gli effetti italiano».

i primi a pagare sul lavoro

Infine sono gli stranieri i primi a pagare gli effetti della pandemia sul lavoro, soprattutto le donne. In provincia di Mantova i dipendenti stranieri sono 29.644 ( 4,3% del totale lombardo, 681.547). Di questi 3.228 sono lavoratori domestici (88,4% donne), 4.147 operai agricoli (13,5% donne), 22.269 dipendenti di aziende (32,5% donne). A livello regionale il numero di occupati diminuisce rispetto al 2019 di 77mila unità (-1,7%) di cui oltre la metà, 40mila, è costituita da stranieri, con una riduzione del 7%. Sottolineano dalla Cgil che mentre la percentuale delle donne occupate è superiore rispetto alla media nazionale (43,7% contro il 42%), per le occupate straniere il fenomeno si inverte e la percentuale lombarda (40,2%) risulta inferiore al dato medio italiano (42,0%). «Cosa che non ci si aspetterebbe nella regione in cui la quota degli stranieri sul totale degli occupati supera di due punti percentuali quella nazionale (12,2% contro 10,2%) e che conferma come le donne straniere vivano una condizione di marginalità specifica nel mercato del lavoro». Nel 2020 cresce anche l’incidenza degli stranieri sui disoccupati totali, dal 24,6% al 25,7%, a segnalare una maggiore difficoltà a ritrovare il lavoro perso. Ma questo non stupisce «dal momento che i lavoratori stranieri sono impiegati storicamente in maggioranza nei settori più colpiti dalle misure di contenimento, con condizioni occupazionali più fragili rispetto agli italiani».

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