MANTOVA – Ricorre quest’anno l’80esimo anniversario della liberazione del campo di sterminio nazista di Auschwitz. Il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche abbatterono i cancelli del lager in territorio polacco e davanti ai loro occhi e a quelli del mondo si manifestò l’orrore. Milioni di morti, torture, efferatezze inenarrabili portate avanti nei confronti di persone di religione ebraica, ma anche prigionieri politici, diversamente abili, ammalati, omosessuali, sinti, rom… nei molti campi di sterminio nazisti dislocati in Europa. Ma proprio Auschwitz fu uno dei principali e la data della sua liberazione dal 2005, per risoluzione dell’Onu, è stata scelta per celebrare, ogni anno, il Giorno della Memoria. Un giorno per ricordare che certi orrori possono tornare e per questo non si devono dimenticare.
In uno di questi campi, per la precisione a Ravensbruck, è stata imprigionata anche la mantovana Jolanda Dugoni per motivi politici. Scomparsa nel luglio del 2019 all’età di 94 anni, Jolanda tornò da quell’inferno e solo dopo parecchi anni iniziò a raccontare quello che aveva vissuto sulla propria pelle e visto nel periodo di prigionia dal marzo del 1944 alla fine di aprile del 1945. La sua testimonianza è stata portata anche nelle scuole dove ha emozionato ragazzi di tutte le età ricordando con forza e tenacia quanto sia importante non dimenticare quello che furono capaci di fare i nazisti. In sua memoria, grazie alla volontà e all’interessamento di Aned, Anpi Mantova, Comune e Provincia di Mantova, Istituto Mantovano di Storia Contemporanea e Spi Cgil Mantova e al lavoro di un gruppo di studiosi e giornalisti, il 27 gennaio del 2023 in corso Umberto 23, di fronte all’ingresso della propria abitazione, è stata posta una pietra di inciampo. “Tu ora non ti chiami più Jolanda Dugoni. Da oggi sei la prigioniera numero 30562, ricordatele bene queste cifre e imparatele a memoria, in tedesco”. In questo modo e, più o meno, con queste parole pronunciate da una kapò nel lager di Ravensbruck, veniva cancellata l’identità di Jolanda Dugoni. Come ci ha confessato in un’intervista ogni tanto si svegliava di notte con queste parole che le rimbombavano nella testa e che le riportavano alla mente il terribile periodo della prigionia. Un periodo in cui ha visto morire moltissime persone, soprattutto donne, perché Ravensbruck era un campo di sterminio femminile. Figlia di emigrati mantovani trasferitisi in Francia, Jolanda Dugoni è stata arrestata il 25 ottobre del 1942 all’uscita di un cinema a Saint Raphael in costa azzurra. La sua colpa è quella di non fare i nomi degli ebrei che, per caso, aveva incontrato qualche giorno prima nell’hotel in cui lavorava. Ebrei in fuga dalla Francia a causa delle persecuzioni. Dopo l’arresto viene picchiata e trasferita in treno a Ravensbruck, a 90 chilometri da Berlino, nel corso di un viaggio infernale della durata di tre giorni. Riesce a fuggire alla fine di aprile del 1945, quando i nazisti, braccati dai russi e dagli alleati, battono in ritirata. (EMANUELE SALVATO)